LA FORZA DEL SILENZIO (8)

Dard. Robert Sarah

255. La celebrazione verso Oriente favorisce il silenzio. In effetti il cele-brante ha meno tentazioni di monopolizzare la parola. Di fronte al Signore, è meno tentato di diventare un professore che fa una lezione per tutta la durata della Messa, riducendo l’Altare a una tribuna il cui asse centrale non è più dato dalla Croce, ma dal microfono.

Al contrario, rivolto a Oriente e alla Croce, il celebrante prende coscienza che è, come ricorda spesso Papa Francesco, un pastore che cammina davanti alle pecore. Il sacerdote si ricorda che è uno strumento in mano a Cristo-Sacerdote, che deve tacere per lasciare percepire la parola, che le sue parole umane sono ridicole di fronte all’unico Verbo eterno. Sono convinto che noi sacerdoti non impieghiamo lo stesso tono di voce quando celebriamo verso l’Oriente. Siamo talmente tanto meno tentati di fare spettacolo, di prenderci, come dice Papa Francesco, per degli attori! Così tutta l’assemblea è come aspirata con il sacerdote dal mistero silenzioso della Croce. Questo modo di celebrare dovrebbe essere il modo in cui celebriamo regolarmente nelle nostre parrocchie. Rinnovando la nostra partecipazione al mistero permetterebbe di sperimentare un approccio silenzioso e contemplativo alla dottrina e alla teologia, che non sono il risultato di un’elaborazione laboriosa da parte di una comunità ripiegata su se stessa come un cerchio chiuso, ma l’accoglienza nel silenzio della parola di Dio che ci precede e ci sorprende. Come ha ricordato il Papa nella Bolla d’indizione del Giubileo della Misericordia «bisogna ritrovare il valore del silenzio per meditare la parola che ci è rivolta».

 

256. La celebrazione orientata, rompendo la dinamica dell’uno di fronte all’altro, del fra sé e sé, dello stare a porte chiuse, ci aiuta a non trasformare la liturgia in autocelebrazione di una comunità. Al contrario, rivolgendoci al Signore, la liturgia ci permette di ritornare al mondo con uno slancio nuovo e una vera forza missionaria, per portargli non la nostra povera esperienza vuota e rumorosa, ma la parola unica, udita nel silenzio. (pagg. 157-158)