15. LETTERA ENCICLICA AD CATHOLICI SACERDOTII

AI VENERABILI FRATELLI PATRIARCHI, PRIMATI, ARCIVESCOVI, VESCOVI E AGLI ALTRI ORDINARI LOCALI CHE HANNO PACE E COMUNIONE CON LA SEDE APOSTOLICA: SUL SACERDOZIO CATTOLICO.

Il dovere dei vescovi.

Ma la responsabilità principale rimane pur sempre quella del vescovo, il quale, secondo la gravissima legge della Chiesa, “non deve conferire gli ordini sacri a nessuno, se non sia moralmente certo, per argomenti positivi, della idoneità canonica di lui; altrimenti non solo commette un gravissimo peccato, ma si espone anche al pericolo di partecipare ai peccati altrui”. Nel qual canone risuona ben chiara l'eco dell'ammonimento dell'Apostolo a Timoteo: "Non imporre le mani a nessuno con troppa fretta, e non prender parte ai peccati altrui".

 

"E che cos'è poi questo imporre con troppa fretta le mani - come spiega il Nostro predecessore San Leone Magno — se non conferire la dignità sacerdotale a soggetti non provati, prima di un'età matura, prima di averli bene esaminati, prima del merito dell'obbedienza, e prima di averne esperimentata la disciplina? E prender parte ai peccati altrui, che cosa vuol dire, se non che tale si fa l'ordinante quale è quegli che non meritava di venir ordinato?".

 

Perché, come dice San Giovanni Crisostomo rivolgendo la parola al vescovo, "per i peccati di lui passati e futuri anche tu dovrai scontare la pena perché gli hai dato quella dignità". Severe parole, venerabili fratelli, ma ancor più tremenda è la responsabilità che esse designano, la quale faceva dire al grande vescovo di Milano San Carlo Borromeo: "In questa materia, una negligenza anche leggera può rendermi reo di gravissima colpa". Attenetevi dunque al consiglio del già citato Crisostomo: "Non dopo la prima prova né dopo la seconda o la terza, ma dopo che avrai ben riguardato e tutto accuratamente esaminato, allora soltanto imponi pure le mani".

 

Il che vale soprattutto della bontà della vita dei candidati al sacerdozio: "Non basta - dice il Santo Vescovo e Dottore Alfonso Maria de' Liguori — che il vescovo non conosca alcunché di male nell'ordinando, ma deve rendersi certo della sua positiva probità". Perciò non temete di sembrare troppo severi, se, valendovi del vostro diritto e compiendo il vostro dovere, esigete in antecedenza tali prove positive e, nel caso di dubbio, rimandate ad altro tempo l'ordinazione di qualcuno; poiché — come bellamente insegna San Gregorio Magno - "si tagliano bensì dalla selva i legni adatti agli edifici, ma non vi si mette sopra il peso dell'edificio se non dopo che l'attesa di molti giorni li abbia disseccati e resi atti allo scopo; che se si trascuri tale precauzione, ben presto si spezzeranno sotto il peso"; ossia, per usare le brevi e chiare parole dell'Angelico Dottore, "gli Ordini Sacri esigono in antecedenza la santità... e perciò il peso degli Ordini deve sovrapporsi a pareti che per la santità siano già disseccate dall'umore dei vizi".

 

Del resto, se saranno diligentemente osservate tutte le prescrizioni canoniche, se tutti si atterranno alle prudenti norme che or sono pochi anni abbiamo fatto promulgare dalla Sacra Congregazione dei Sacramenti su questo argomento, si eviteranno molte lacrime alla Chiesa e molti scandali ai fedeli. E siccome analoghe norme abbiamo voluto che fossero date per i religiosi, mentre ne inculchiamo a chi spetta la fedele osservanza, ricordiamo a tutti i supremi moderatori degli istituti religiosi i quali hanno giovani destinati al sacerdozio, che riguardino come detto anche a sé tutto quello che abbiamo finora raccomandato intorno alla formazione del clero, poiché essi presentano i loro alunni all'ordinazione e il vescovo generalmente si rimette al loro giudizio.

 

Né si lascino rimuovere, sia i vescovi che i superiori religiosi, da questa necessaria severità, per il timore che venga a diminuire il numero dei sacerdoti della diocesi o dell'istituto. L'Angelico Dottore San Tommaso si è già proposta questa difficoltà e così vi risponde con la sua consueta lucidità e sapienza: "Iddio non abbandona mai la Sua Chiesa, così che non si trovino (sacerdoti) idonei in numero sufficiente alla necessità del popolo, se si promovessero i degni e si respingessero gli indegni". Del resto, come bene osserva lo stesso Dottore riportando alla lettera le gravi parole del Concilio Ecumenico Lateranense IV, "se non si potessero trovare tanti ministri quanti sono al presente, sarebbe meglio avere pochi ministri buoni che molti cattivi". 

 

Ed è quello stesso che Noi abbiamo rammentato in una solenne circostanza, quando in occasione del pellegrinaggio internazionale dei seminaristi, durante l'anno del Nostro giubileo sacerdotale, parlando all'imponente gruppo degli arcivescovi e vescovi d'Italia, abbiamo detto che vale meglio un sacerdote ben formato, che molti poco o nulla preparati, sui quali la Chiesa non può contare, anche se non ha piuttosto da gemere. Quale terribile conto, venerabili fratelli, dovremo rendere al Principe dei Pastori, al Supremo Vescovo delle anime, se avremo consegnate queste anime a guide inette e a condottieri incapaci!

 

Ma, quantunque debba sempre tenersi ben ferma la verità che il numero da sé non deve essere la principale preoccupazione di chi lavora per la formazione del clero, tutti però devono sforzarsi che si moltiplichino i validi e strenui operai della vigna del Signore, tanto più che i bisogni morali della società anziché diminuire vanno crescendo. E tra tutti i mezzi per sì nobile scopo, il più facile insieme e il più efficace è anche il più universalmente accessibile a tutti e quindi tutti devono assiduamente usarlo, cioè la preghiera, secondo il comando di Gesù Cristo Stesso: "La messe è veramente copiosa, ma gli operai sono pochi; pregate dunque il Padrone della messe, che mandi operai alla Sua messe". E quale preghiera può essere più gradita al Cuore Santissimo del Redentore? Quale preghiera può sperare d'essere esaudita più prontamente e più abbondantemente di questa, che è sì conforme alle ardenti aspirazioni di Quel Cuore divino?

 

"Chiedete, e vi sarà dato"; chiedete dei buoni e santi sacerdoti e il Signore non li negherà alla Sua Chiesa, come sempre ne ha concessi attraverso i secoli, anche in tempi che meno sembravano propizi al fiorire di vocazioni sacerdotali, anzi proprio allora in maggior copia, come attesta anche solo l'agiografia cattolica del secolo XIX, così ricca di nomi gloriosi dell'uno e dell'altro clero; fra i quali brillano come astri di prima grandezza quei tre veri giganti di santità, esercitata in tre campi così diversi, che Noi stessi avemmo la consolazione di cingere dell'aureola dei Santi: San Giovanni Maria Vianney, San Giuseppe Benedetto Cottolengo e San Giovanni Bosco.