Si fa sera e il giorno ormai volge al declino

Card. Robert Sarah

I Santi sono uomini che lottano con Dio ogni notte, fino all’alba. Questa lotta ci fa crescere, ci fa raggiungere la nostra vera statura di uomini e di figli di Dio, perché «Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo in Lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al Suo cospetto nella carità» (Ef. 1,3-4).

 

Dio ci ha scelti per adorarLo. Eppure, l’essere umano non vuole inginocchiarsi. L’Adorazione consiste nel mettersi davanti a Dio in atteggiamento di umiltà e di amore. Non si tratta di un atto puramente rituale, ma di un gesto di riconoscenza nei confronti della Maestà divina, di un espressione di gratitudine filiale. Non dobbiamo chiedere nulla. È fondamentale rimanere nella gratuità.

 

In un discorso della curia, Benedetto XVI spiegava che «il nocciolo della crisi della Chiesa in Europa è la crisi della fede. Se ad essa non troviamo una risposta tutte le altre riforme rimarranno inefficaci». Quando Joseph Ratzinger parla di «crisi della fede», bisogna comprendere che non si tratta anzitutto di un problema di ordine intellettuale o teologico nel senso accademico del termine. Si tratta di una «fede viva», di una fede che pervade e trasforma la vita. «Se la fede non riprende vitalità, diventando una profonda convinzione ed una forza reale grazie all’incontro con Gesù Cristo – aggiunse quel giorno Benedetto XVI – tutte le altre riforme rimarranno inefficaci».

 

Questa perdita del senso della fede è la radice profonda della crisi della civiltà che stiamo vivendo. Come nei primi secoli del cristianesimo, quando l’impero romano stava andando in frantumi, tutte le istituzioni umane sembrano oggi incamminarsi verso la decadenza. Le relazioni tra gli uomini, siano esse politiche, sociali, economiche o culturali, diventano difficili. Con la perdita del senso di Dio, si è minato il fondamento di ogni civiltà umana e si è aperta la porta alla barbarie dei totalitarismi. Benedetto XVI ha spiegato perfettamente questo pensiero in una catechesi del 14 novembre 2012: «L’uomo, separato da Dio, è ridotto a una sola dimensione, quella orizzontale, e proprio questo riduzionismo è una delle cause fondamentali dei totalitarismi che hanno avuto conseguenze tragiche nel secolo scorso, come pure della crisi di valori che vediamo nella realtà attuale.

 

Oscurando il riferimento a Dio, si è oscurato anche l’orizzonte etico, per lasciare spazio al relativismo e ad una concezione ambigua della realtà, che invece di essere liberante finisce per legare l’uomo a degli idoli. Le tentazioni che Gesù ha affrontato nel deserto prima e la Sua missione pubblica, rappresentano bene quegli “idoli” che affascinano l’uomo, quando non va oltre se stesso. Se Dio perde la centralità, l’uomo perde il suo posto giusto, non trova più la sua collocazione nel creato, nelle relazioni con gli altri».

 

Vorrei insistere su questo pensiero. Negare a Dio la possibilità di irrompere in tutti gli ambiti della vita umana, condanna l’uomo alla solitudine. Egli non è altro che un individuo isolato, senza origine né destino. È condannato a vagare nel mondo come un barbaro nomade, ignorando di essere figlio ed erede, di un Padre Che l’ha creato con amore e Che lo chiama a prendere parte alla Sua eterna felicità. È un grave errore pensare che Dio voglia limitare e frustrare la nostra libertà. L’uomo moderno si è reso schiavo di una ragione così autonoma da diventare solitaria e autistica.

 

«La rivelazione è irruzione del Dio vivo e vero nel nostro mondo, essa ci libera dalle prigioni delle nostre teorie, le cui sbarre vogliono proteggerci dall’irruzione di Dio nella nostra vita. La miseria della filosofia, ossia la miseria in cui la ragione positivistica è precipitata, è diventata la miseria della nostra fede. Questa non può essere liberata se la ragione non si apre alla novità. Se la porta della conoscenza metafisica rimane sbarrata, se le frontiere dell’umano sapere quali furono stabilite da Kant sono insormontabili, la fede non può che appassire: le manca il respiro», scriveva Joseph Ratzinger.