Si fa sera e il giorno ormai volge al declino

Card. Robert Sarah

Con l’atteggiamento del post-Concilio Vaticano II si presentava il grande rischio di un sottile tipo di orgoglio. Alcuni ecclesiastici smisero di considerarsi eredi e pretesero di essere creatori. Si arrivò persino a proclamare una fede tutta umana al posto del deposito divino. Invece di trasmettere ciò che avevamo ricevuto, si proclamò sonoramente ciò che si aveva inventato. Alla radice di questa crisi sono persuaso vi sia stato un difetto spirituale.

 

Ci vuole molta umiltà per accettare di ricevere un dono. All’improvviso, abbiamo rifiutato di essere degli eredi senza meriti. Eppure, questa realtà è radicata nel cuore di ogni famiglia: un bambino riceve gratuitamente l’amore dei propri genitori. Non l’ha meritato. E lo donerà a sua volta. La fondamentale umiltà che consiste nell’accettare di ricevere senza meriti e di trasmettere gratuitamente è la matrice dell’amore familiare. Nella misura in cui tende a diluirsi, la Chiesa perde il proprio spirito di famiglia. È preda delle divisioni e della durezza. È minata da uno spirito settario, dal sospetto, dall’ideologia.

 

Sento di dover esprimere la mia profonda sofferenza di fronte alle bassezze e alle manipolazioni che si sono introdotte nella vita ecclesiale. Dovremmo essere la famiglia di Dio. Quasi costantemente mettiamo in scena il penoso spettacolo di una corte nella quale si ricercano potere e influenza. Gli atteggiamenti dei politici hanno invaso i nostri ambienti. Dove è finita la carità? Dov’è la comprensione? Non riacquisteremo la nostra serena unità se non stringendoci attorno al deposito della fede. È arrivato il momento di rifiutare le ermeneutiche di rottura che spezzano la trasmissione dell’eredità ma anche l’unità del corpo ecclesiale. È tempo di ritrovare uno spirito sereno e gioioso, uno spirito da figli della Chiesa che accolgono tutta la sua storia come eredi riconoscenti.

 

Uno dei problemi sollevati dalle conclusioni del Concilio è il significato che si è attribuito alla Gaudium et spes. Joseph Ratzinger precisava che «ciò che ha avuto particolarmente peso in questo testo non è il contenuto quanto piuttosto l’intenzione generale di partenza». Il concetto di mondo non viene definito in modo chiaro: «La Chiesa coopera con il “mondo” per costruire il “mondo”. Questo testo rappresenta un tentativo per una riconciliazione ufficiale della Chiesa con il mondo quale era diventato dopo il 1789. Né gli abbracci né il ghetto possono risolvere in maniera duratura per i cristiani il problema del mondo moderno».

 

In fondo, se i papi e i padri conciliari hanno pensato di potersi aprire con fiducia a tutto ciò che di positivo c’era nel mondo moderno, è proprio perché erano certi della propria identità e della propria fede. Erano fieri di essere figli della Chiesa. Viceversa, in molti cattolici si riscontrava un’apertura senza filtri e senza freni nei confronti del mondo, cioè nei confronti della mentalità moderna dominante, nel momento stesso in cui ci si interrogava sulle basi del depositum fidei che, per un gran numero, non erano più chiare.