(parte I)
Giornalista e scrittore, insignito di numerosi riconoscimenti e premi, ha concesso un'intervista sul saggio Eresia dell'informe. La liturgia romana e il suo nemico, mirante a far riscoprire la straordinaria ricchezza della liturgia tradizionale.
Come nota il prof. Leonardo Allodi nell'Introduzione, assumendo la prospettiva della liturgia, lei offre una descrizione convincente della tendenza della società occidentale a perdere il senso della "forma". Perché connette tale perdita all'oblio dell'essere, in un processo che va dal "deforme all'informe"?
«Molte sono le cause per cui la Chiesa latina ha perduto il senso della forma. Ne richiamo qui soltanto una: a partire dagli ultimi vent'anni del secolo scorso i teologi cattolici hanno tentato di conciliare la filosofia tedesca dei secoli XIX e XX con la religione cattolica. Pensavano in tal modo di intra prendere un cammino simile a quello dei Padri della Chiesa e ancora di Tommaso d'Aquino, mediante il quale i grandi filosofi pagani divennero un arricchimento della teologia cristiana.
Soltanto che questi filosofi greci erano vissuti prima di Cristo ed erano uomini religiosi, al contrario di quelli tedeschi, prevalentemente anticristiani o atei. Non ci si poteva qui attendere alcun arricchimento, ma soltanto la dissoluzione dei concetti centrali della religione cattolica, in primo luogo il concetto di "verità". I teologi cattolici oggi spesso non sanno più dire che cosa nella Santa Messa propriamente si verifichi, essi non sono in grado di fare nulla a partire dalla dottrina tradizionale. Nel loro nuovo strumentario trovano solamente dissoluzione e scetticismo; se non si sa più che cosa debba essere la Santa Messa, come si potrà versare in una forma questo non sapere? Lo scultore Hrdlicka ha detto per l'arte qualcosa che vale anche per la liturgia: "Il buon Dio non è così buono da concedere una forma a chi non ha nulla da dire"».
Perché per lei la forma, connessa al culto e al rito, apre alla trascendenza, a qualcosa che di primo acchito sembra essere al di là della forma, opposto ad essa?
«I riti di tutte le religioni prendono le mosse da un collegamento fra il mondo visibile e la trascendenza, come da una corrispondenza fra macrocosmo e microcosmo. Il rito non vuole niente di meno che rendere visibile l'invisibile, com'è stato detto, un "aldilà nell'aldiquà". Ancor di più il rito eucaristico del cristianesimo, la religione dell'incarnazione del Logos: il Dio incorporeo e privo di limiti diviene la propria creatura e assume in tal modo "Forma", cioè qualcosa che è sempre limitato. Il Dio invisibile agisce nel mondo, ma anche il mondo nella forma del sacerdote che compie il sacrificio agisce in Cielo. La trascendenza non è strettamente separata dal mondo; non solo nell'esperienza mistica, ma anche e soprattutto nel Sacramento è possibile il superamento dei limiti fra aldiquà e aldilà ».
Lei sottolinea il legame tra forma, bellezza e arte, delineando la liturgia cattolica tradizionale come opera d'arte di Cristo: in che senso?
«Si tratta di un grande tema, difficile da trattare in poche parole. L'azione del sacrificio dell'altare mira, nella consacrazione, a suscitare a una vita del tutto reale la materia morta dell'ostia. Nulla di diverso ha in mente la grande arte quando da colori e da blocchi di roccia ricava immagini e statue che lasciano dimenticare la loro materialità e sono riempite da una vita piena di mistero. Non si esagera quando si considera l'arte europea nel suo sviluppo, a partire dalla nascita del cristianesimo, come un frutto della liturgia eucaristica».
Lei espone i motivi per cui la riforma liturgica di Paolo VI si allontana dai tratti suddetti della liturgia precedente. Per esempio, sottolinea che l'omelia dopo il Vangelo "strappa" la liturgia: ma, data l'odierna difficoltà a mantenere l'attenzione a lungo e l'ignoranza della dottrina, non è importante che il sacerdote svisceri la profondità delle letture subito dopo averle lette, quando sono ancora fresche nella memoria degli astanti?
«La trasmissione della dottrina si rivolge all'intelletto, la celebrazione dei misteri eucaristici è compimento ed esperienza dei battezzati e degli iniziati. Quando oggi i sacerdoti cercano, sulla base della generale non conoscenza della dottrina cattolica, di inserire nella predica un po' di catechesi, si tratta di una soluzione di emergenza che tuttavia non può sostituirsi a una fondamentale istruzione religiosa. Purtroppo, in molte prediche non accade più nemmeno questo. In Germania i predicatori politicizzano le prediche in vari modi, specialmente nella direzione del partito dei Verdi, mentre del Vangelo non si parla, oppure ci si lascia andare a contorsioni sofistiche per un adattamento al messaggio attivistico».
Anche reintroducendo la liturgia anteriore alla riforma, come pensa si possa evitare il rischio, nella moderna cultura dell'immagine e dell'apparire, di una liturgia quale mera scenografia, attraente, ma separata dalla vita fuori dalla Messa in chiesa? Lei stesso fa l'esempio della riduzione del canto ad abbellimento aggiuntivo non essenziale della liturgia.
«Che la Messa antica si trovi in una opposizione assai forte con l'epoca attuale è chiaro, nei secoli passati era assai più unita alla relativa cultura e in parte addirittura essa la generava. Le sue forme linguistiche ispiravano le forme profane. Joubert ha definito la Santa Messa una "scuola di buone maniere". Ma il contrasto odierno si rivela in realtà anche una grande opportunità. La situazione culturale o non culturale contemporanea rivela sintomi ippocratici in tutte le sue forme di manifestazione. Non è più associata alla speranza, la sua incontestabile forza è soprattutto distruttiva. Per tali ragioni, uomini sensibili cercano una via d'uscita da una civilizzazione che agisce in modo soffocante sull'umanità, e avvertono con gratitudine che il culto tradizionale rappresenta un contro-mondo, risparmiato dal soffio pestilenziale del nostro tempo.
Il mio appello a concentrarsi nella celebrazione della Messa tradizionale sul corale gregoriano e a lasciare alle sale da concerto le successive messe per orchestra non si collega al fatto di avvicinare in qualche modo il culto al nostro tempo, al contrario: esso si richiama al fatto che il corale antico è completamente legato alla liturgia, rende sperimentabile la sua architettura, e non la copre come accade con la successiva musica liturgica. Il corale gregoriano è così strettamente legato all'origine della liturgia che lo si potrebbe definire il suo corpo acustico».