Beato manfredo settala

Del Beato Manfredo Settala, vissuto tra il dodicesimo ed il tredicesimo secolo, non si sa molto. I documenti a noi pervenuti non ci permettono di dubitare della sua santità, cioè dell’eroismo delle sue virtù. Appartiene alla nobile famiglia milanese dei Settala, dalla quale uscirono molti uomini illustri; rinuncia però alla sua posizione sociale per avviarsi al sacerdozio. Fu parroco, forse il primo, della nostra Parrocchia, allora comprendente anche le attuali parrocchie di Cuasso al Monte e Cavagnano, Brusin Piano (Brusimpiano), Porto Ceresio e Besano. Dopo aver per un numero indeterminabile d’anni governato santamente la Parrocchia, mosso da divina ispirazione volle completare il distacco dal mondo, già iniziato allorché aveva scelta la via del sacerdozio. Così si ritirò sul monte S. Giorgio, che poco lungi da Cuasso al Piano si erge a modo di cuneo tra i due rami del Lago Ceresio, al tempo del Beato Manfredo compreso tra i confini della Parrocchia di Riva S. Vitale e Meride.


Manfredo trascorse la sua vita di eremita accanto alla chiesa dedicata a San Giorgio. Gli abitanti di Olgiate, essendo colpiti da epidemica malattia che li portava alla morte subitamente, andarono supplichevoli a visitare il Beato. Egli promise loro la liberazione da quella epidemia, se avessero fatto voto a Dio di recarsi alla tomba di San Gerardo, morto quaranta giorni prima a Monza. Gli Olgiatesi fecero il voto, l’adempirono e furono liberati da quel morbo. Per sua intercessione dell’orzo maturò pochi giorni dopo la seminagione nella frazione di Albio, in un campo denominato poi “campo del Beato”, e dei pani furono moltiplicati in un forno della medesima frazione, in favore dei poverissimi abitanti. Alcuni malati ottennero in modo meraviglioso la guarigione, e liberò vari individui posti in pericoli gravissimi, ricorsi per questo alla sua intercessione.

 

Morì nel 1217 e le campane si misero a suonare da sole. Il fatto fu interpretato da tutti come segno di un avvenimento straordinario e si pensò alla morte del Servo di Dio ritirato sul San Giorgio. Gli abitanti delle terre circostanti accorsero e constatarono infatti la morte del loro maestro e consigliere. Non essendo poi possibile conciliare gli animi discordi circa il luogo della sepoltura, fu deciso di rimettere il giudizio ai consigli della Divina Provvidenza. Collocarono perciò quel venerato corpo sopra un barozzo (slitta) tirato da due buoi non ancora domati. Il borgo di Riva San Vitale fu la meta di quel pio, funebre e nello stesso tempo glorioso corteo. La salma fu collocata nella chiesa collegiata e da quel momento in poi, con il consenso dell’autorità ecclesiastica, ininterrottamente venerata.

Tratto dall'enciclopedia dei Santi (autore Pietro Gini)